Spiralis Mirabilis - La rivista italiana dedicata al Taiji Quan, al Qi Gong e alle arti marziali cinesi
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Spiralis Mirabilis

La rivista, 100% gratuita, dedicata al Taiji Quan e al Qi Gong e alle arti marziali cinesi

Pushing Hands di Ang Lee

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Pagina pubblicata in data 12 dicembre 2023
Aggiornata il 13 dicembre 2023

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Ang Lee, 李安 lǐ ān, nato a Taiwan, o più precisamente nella Repubblica di Cina (中華民國 zhōnghuá mínguó), è uno dei registi più apprezzati.
Ci ha regalato perle come "La tigre e il dragone" e "Vita di Pi".

Il suo primo film, il suo film di esordio come regista, è del 1991 ed è dedicato proprio a coloro che praticano 太極拳 tàijí quán, in particolare il 推手 tuī shǒu. Infatti, il film si intitola: “Pushing Hands 推手 tuī shǒu”.

Attore principale del film è Sihung Lung (郞雄 láng xíong) anche conosciuto con il nome di Paul Lung, volto noto del cinema e della televisione di Taiwan (scomparso nel 2002).

Nel film interpreta un maestro cinese di 太極拳 tàijí quán che lascia Pechino per trasferirsi a New York, a casa del figlio, che qui vive e lavora e si è sposato con una donna statunitense con la quale ha avuto un figlio.

Come il film "Signs" di Mel Gibson non è un film sugli alieni (anche se in apparenza può sembrare esserlo), “Pushing Hands 推手 tuī shǒu” non è un film sul 太極拳 tàijí quán. L’arte marziale fa da sfondo al vero tema del film, e cioè la difficoltà di due culture profondamente diverse come quella tradizionale cinese e quella statunitense di incontrarsi, dialogare e convivere in equilibrio.

Anche se il film risente di qualche "inesperienza" dal punto di vista della regia, l’ho apprezzato molto. Forse perché nel vederlo ho rivissuto molti momenti della mia vita recente.

Chu (interpretato da Sihung Lung) non parla inglese, è in pensione, e passa le sue giornate in compagnia del silenzio e dei suoi pensieri. Questo nonostante sua nuora Martha (interpretata dall’attrice Deb Snyder) lavora a casa tutto il giorno.

Lei passa le giornate a lavorare al computer, mentre lui, passa le giornate a guardare vecchi film cinesi, praticare 太極拳 tàijí quán e fare passeggiate.

Quello che colpisce nella prima parte del film è il silenzio. Dettato da una mancanza di volontà (da entrambe le parti) di conoscersi.

Quando i miei suoceri arrivarono da Pechino, per stabilirsi in modo definitivo qui in Italia, ho vissuto le stesse difficoltà. Io non parlavo il cinese (tutt’ora lo sto studiando e le mie frasi sono piuttosto elementari), loro non parlavano che il mandarino.

Nei momenti in cui mia moglie era assente per il lavoro calava un muro di silenzio che non è stato facile abbattere.

Non solo. La cultura cinese in molti aspetti è differente dalla cultura occidentale.
Senza una precisa volontà di comprensione da entrambe le parti è difficile riuscire a integrarsi. In questo c’è da sottolineare come la cultura cinese sia caratterizzata (in generale) da una chiusura nei confronti di tutto ciò che non è cinese.

Così avviene per tutta la prima parte del film, in cui Chu in realtà facendo molta fatica a capire lo stile di vita della nuora si rifugia sempre di più nel proprio essere cinese.

Ogni domenica, Chu insegna 太極拳 tàijí quán presso il centro culturale cinese locale. Qui incontra la signora Chen, un’insegnante di cucina anche lei originaria di Pechino.

I due iniziano a legare condividendo le stesse difficoltà di adattamento alla società statunitense.

La convivenza con il suocero per Martha è sempre più difficile. Il suo ritmo di vita è veloce ma chiede “silenzio”, mentre il lento ritmo di vita del suocero è caratterizzato da continui rumori che non le permettono di lavorare.

Questo aspetto sembra strano, ma è proprio così. Premesso che è difficile dare una descrizione generica di una persona cinese (dal nord al sud della Cina comportamenti e usanze cambiano in modo molto radicale), una persona cinese tende a essere molto rumorosa nel muoversi per casa. Nello sbattere le porte, le ante dei mobili, nel far rumone nel mangiare, e così via.

In questo caso Sihung Lung incarna un uomo che vive profondamente la tradizione, quindi, la lentezza nel fare le cose (a differenza delle giovani generazioni cinesi che della vita tradizionale sanno molto poco, come del resto qui da noi in Italia).

Martha si sente una sorta di badante di Chu e cerca di convincere il marito, Alex, ad accettare l’aiuto di sua madre per acquistare una casa più grande che permetta a Martha e a Chu di avere i propri spazi.

Alex si sente obbligato a prendersi cura di suo padre. Nella tradizione delle relazioni familiari confuciane, un figlio si prende cura di un genitore quando invecchia come il genitore si è preso cura del figlio quando quest'ultimo era piccolo.

Alex si trova fra l’incudine e il martello. Da un lato il rispetto per il padre e la tradizione che quest’ultimo rappresenta, dall’altro lato la moglie e il figlio. Una situazione che a lungo andare lo porterà a “esplodere”.

Una notte, mentre Alex è fuori, Chu va a fare una passeggiata. Quando Alex torna a casa presume che il padre si sia perso e va a cercarlo. Quando non riesce a trovarlo, torna a casa arrabbiato ed esplode in un vero e proprio esaurimento nervoso, incolpando Martha e distruggendo letteralmente la cucina prima di andarsene.

Tornato a casa, Chu trova la nuora in lacrime nella cucina devastata.
Qui il muro del silenzio che separa entrambi sembra crollare. Chu aiuta la nuora a fare ordine in cucina e quando Alex torna a casa molte ore dopo, ubriaco, inveisce contro il figlio Jeremy, accusando Chu e Martha di non interessarsi alle sue di esigenze. Chu inizia a pensare che non può vivere con il figlio e una notte scompare, lasciando un biglietto nel quale scrive che intende passare il resto della sua vita da solo.

Ma il 太極拳 tàijí quán dove sta? E soprattutto, quando si vede il 推手 tuīshǒu?

Fino a questo momento del film il 太極拳 tàijí quán ha fatto solo da sfondo a questa storia di vita famigliare. Il regista, forse un po’ esagerando, per decantare le capacità marziali del protagonista trasferisce la storia, a Chinatown, nella cucina di un ristorante cinese. Forse un po’ uno stereotipo, ma come scrivevo all’inizio di questo articolo il film, per quanto curato e ben fatto, pecca di qualche ingenuità.

Chu si trasferisce in un piccolo appartamento a Chinatown e trova lavoro in un ristorante come lavapiatti.

Vista la sua età e la sua incapacità a lavorare ai ritmi richiesti, il proprietario del ristorante tenta di licenziarlo, ma Chu si rifiuta di andarsene e sfida il proprietario a spostarlo di mezzo passo.

Eccoci arrivati al momento "marziale" del film. Il proprietario del ristorante tenta di spostare Chu, che però sembra essere incollato al pavimento.

Per spostare Chu il proprietario procede a convocare una banda di teppisti locali (altro stereotipo) che Chu, nella buona tradizione dei film di arti marziali respinge facilmente grazie proprio alle sue capacità nel 推手 tuīshǒu.

A questo punto un piccolo "esercito" di agenti di polizia impiega diverse ore per spostarlo dalla cucina, e Chu finisce in custodia nella locale stazione di polizia.

Alex apprende dal telegiornale la notizia dell’arresto del padre e si precipita nel distretto dove é detenuto per riportarlo a casa. Chu rifiuta fermamente di vivere con suo figlio perché non vuole essere un peso. Tra i due oramai c’è una distanza che difficilmente potrà essere colmata.

Chu inizia a insegnare a Chinatown il 太極拳 tàijí quán, dove la signora Chen lo va a trovare. Lei gli dice che si è trasferita e vive da sola in un appartamento dall’altra parte della strada.
Chu le chiede se ha impegni per il pomeriggio. Lei risponde di no.

Il film si conclude suggerendo un nuovo inizio o, meglio, un ritrovato inizio. Chu e la Signora Chen sono a Chinatown e vivono soli, vivono la loro vita “cinese” senza doversi confrontare con lo stile di vita del Paese che gli ospita.

Se si guarda Pushing Hands 推手 tuīshǒu aspettandosi di vedere pugni calci e scazzottate, le aspettative saranno disattese.

Questo perché, come disse una volta Bruce Lee in un’intervista, oggi come oggi, nelle nostre città è difficile vedere che le persone lottino a suon di colpi di arti marziali, e perché le arti marziali non sono “calci e pugni”.

Questo film racconta del peso del silenzio. Il silenzio che cala fra due culture che non vogliono capirsi, che non vogliono incontrarsi. Delle enormi difficoltà che sorgono quando si compiono i primi passi di avvicinamento. Difficoltà che però non devono essere motivo per smettere di avvicinarsi.

Il film racconta del tema di come una persona anziana si può sentire “inutile” in una cosa dove si vivono momenti frenetici, dove il lavoro porta i “giovani” fuori di casa fino alla sera tardi. Racconta di quanto sia complesso trovare il giusto equilibrio per permettere a una persona anziana di essere autonoma ma allo stesso tempo inclusa nella famiglia.

Ma soprattutto, questo film racconta della difficoltà di una persona cinese che arriva in Occidente senza conoscere la lingua del Paese in cui si trova, ne tanto meno la cultura.

Quello che Chu vive a New York è esattamente quello che vive Valentine Michael Smithil, il protagonista dello straordinario "Straniero in terra straniera" di Robert A. Heinlein.

È un film quindi sul tema dell’integrazione, un tema complesso, di non facile soluzione, che richiede soluzioni complesse. Un tema su cui chi pratica il 太極拳 tàijí quán, dovrebbe interrogarsi. Non è possibile, infatti, praticare questa disciplina senza conoscere a fondo la cultura che l'ha generata.

Pratica la tua conoscenza.
實履真知
shíjiàn zhēnzhī

Francesco Russo

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BREVE PROFILO DELL'AUTORE
Francesco Russo, consulente di marketing, è specializzato in consulenze in materia di "economia della distrazione".

Nato e cresciuto a Venezia oggi vive in Riviera del Brenta. Ha praticato per molti anni kick boxing raggiungendo il grado di "cintura blu". Dopo delle brevi esperienze nel mondo del karate e del gong fu, ha iniziato a praticare Taiji Quan (太極拳tàijí quán).

Dopo alcuni anni di studio dello stile Yang (楊式yáng shì) ha scelto di studiare lo stile Chen (陳式chén shì).

Oggi studia, pratica ed insegna il Taiji Quan stile Chen (陳式太極拳Chén shì tàijí quán), il Qi Gong (氣功Qì gōng) e il DaoYin (導引dǎoyǐn) nella propria scuola di arti marziali tradizionali cinesi Drago Azzurro.

Per comprendere meglio l'arte marziale del Taiji Quan (太極拳tàijí quán) si è dedicato allo studio della lingua cinese (mandarino tradizionale) e dell'arte della calligrafia.

Nel 2021 decide di dare vita ad una rivista dedicata al Taiji Quan (太極拳tàijí quán), al Qi Gong (氣功Qì gōng) e alle arti marziali cinesi in generale, che fosse totalmente indipendente da qualsiasi scuola di arti marziali, con lo scopo di dare vita ad uno strumento di divulgazione della cultura delle arti marziali cinesi.

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一口氣。一套太極拳。一個世界。
Yī kǒuqì. Yī tào tàijí quán. Yīgè shìjiè.

—— 龍小五

Un solo respiro. Una sola sequenza di Taiji. Un solo mondo.
—— 龍小五

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